Giovedì 6 Settembre

Venezia 75

WERK OHNE AUTOR

di Florian Henckel von Donnersmarck

con Tom Schilling, Paula Beer, Sebastian Koch, Saskia Rosendahl, Oliver Masucci (Germania / 188’)

Dopo il fortunato esordio nel lungometraggio con “Le vite degli altri” (Oscar miglior film straniero 2006), il proseguimento con “The tourist” (2010), il regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck torna ad occuparsi di vite private e pubblica tirannia con questo film in concorso. Tre momenti della storia tedesca si succedono seguendo le vite di personaggi legati all’arte, alla ricerca di Verità e di Libertà. Antagonista di sempre, sotto spoglie camaleontiche in continua mutazione, il Potere dispotico che, come padre-padrone, tarpa costantemente il figlio-servo; l’azzeramento dell’Io, giustificato ideologicamente, così come l’enfasi del Noi spersonalizzante si rivelano strumenti di annientamento. La vita dell’artista Kurt si snoda tra simmetrie e corrispondenze in cui personaggi e situazioni si ripetono in un intreccio che può sembrare talvolta semplificatorio e risolto in facili schematismi. Buoni il ritmo e la fotografia, che incollano lo spettatore alla poltroncina per oltre tre ore.

Orizzonti

UN GIORNO ALL’IMPROVVISO

Regia Ciro D’Emilio

Interpreti Anna Foglietta, Giampiero De Concilio, Massimo De Matteo, Lorenzo Sarcinelli, Giuseppe Cirillo, Biagio Forestieri, Fabio De Caro, Alessia Quarantino, Franco Pinelli (Italia / 88’)

Antonio ha 16 anni, vive in una cittadina della provincia campana: di giorno lavora nel piccolo campo di famiglia, i pomeriggi si allena con la sua squadra di calcio. Vive con la madre di cui deve prendersi cura perché la donna è ludopatica e depressa e rischia di perdere l’affido genitoriale. Estremamente responsabile, un giorno viene convocato per un provino dal Parma… Un lavoro valido girato in modo asciutto, ma con qualche salto nella sceneggiatura per una storia importante. Plot forse troppo simile ad altri del recente passato.

Venezia 75

22 JULY

di Paul Greengrass

con Anders Danielsen Lie, Jonas Strand Gravli, Jon Øigarden, Isak Bakli Aglen, Seda Witt, Maria Bock, Thorbjø Harr (Norvegia, Islanda / 133’)

Il film del pluripremiato Paul Greengrass (“Bloody Sunday” – 2002, “Captain Phillips” – 2013, ma anche tutta la serie dei Jason Bourne) segue i tragici eventi legati alla strage di Utoya in Norvegia avvenuta il 22 luglio 2011. I giovani sono protagonisti in questa storia, sia come vittime che come carnefici. Seguiamo, in particolare, la vicenda di Vilijar, sopravvissuto all’attacco, che lotta contro le conseguenze fisiche ed i fantasmi di quella terribile giornata, ma anche quella dell’indecifrabile attentatore. Inquadrature dallo stile documentaristico caratterizzano un prodotto che punta al realismo senza scadere nella facile manipolazione emotiva. Prevalgono grigi e bianchi accecanti, colori freddi propri dei paesaggi nordici ma anche scelta di senso. Dopo un incipit di rara intensità, Il ritmo rimane incalzante, sostenuto da una sceneggiatura ben calibrata che cattura l’attenzione per tutta la durata del film. Un’opera particolarmente interessante e necessaria, racconto inquietante dell’intolleranza contemporanea che cresce nel silenzio della rete, nutrita dall’odio, dalla rabbia e dall’ignoranza.

Sconfini

ARRIVEDERCI SAIGON

di Wilma Labate

(Italia / 80’)

Docufilm che tratta l’insolita e poco conosciuta vicenda de “Le Stars”: gruppo musicale degli anni sessanta formato da cinque ragazze adolescenti italiane che si ritrovano catapultate, da un momento all’altro, nell’insidioso territorio del Vietnam del Sud. In un susseguirsi di interviste, documenti storici dell’Istituto Luce e piccoli inserti di cantanti italiani e afroamericani dell’epoca, la regista Wilma Labate (“La mia generazione” – 1996, “Lavorare stanca” – 1997, “Domenica” – 2000, “Signorina Effe” – 2007) crea una narrazione accattivante e mai banale. Nonostante si tratti di eventi drammatici, la gestione del racconto, delicata e quasi nostalgicamente leggera, crea un contrasto che si riflette tristemente nella realtà storica dei fatti. Buona la fotografia curata da Daniele Ciprì. Interessante, da vedere.

Orizzonti

SONI

di Ivan Ayr

con Geetika Vidya Ohlyan, Saloni Batra (India / 97’)

Seguiamo le vicende di due poliziotte di New Delhi: Soni, dai metodi duri e impulsivi, e Kalpana, sua sovrintendente, più riflessiva e ligia al dovere. Entrambe affrontano le difficoltà quotidiane e lavorative che la loro identità di genere comporta, soprattutto in India. Notevole la scelta di regia di ricorrere frequentemente al piano sequenza allo scopo di una maggiore impressione di realismo. La MdP resta costantemente al fianco delle protagoniste senza mai cadere negli stereotipi del racconto di genere. Asciutto e motivante.

Orizzonti

HAMCHENAN KE MIMORDAM (MENTRE MORIVO)

di Mostafa Sayyari

con Nader Fallah, Elham Korda, Majid Aghakarimi, Vahid Rad, Mohammad Rabbani (Iran / 73’)

Tre fratelli e una sorella iraniani nati da madri diverse, affrontano un viaggio per la sepoltura del padre durante il quale vecchi attriti tornano a galla e nuovi dubbi si insinuano. Il regista, attraverso un plot apparentemente lineare, riesce a gestire i vari punti di vista dei quattro fratelli suscitando nello spettatore gli stessi dubbi dei protagonisti e creando un fitto alone di mistero. Interessante per la fotografia la relazione tra spazi fuori fuoco e spazi a fuoco. Brillante interpretazione degli attori.