BANU di Tahmina Rafaella

Con Tahmina Rafaella, Melek Abbaszadeh, Zaur Shafiyev, Jafar Hasan, Kabira Hashimli, Emin Asgarov

Azerbaigian, Italia, Francia, Iran  (90’)

(Biennale college)

In Azerbaigian si vivono gli ultimi giorni del vittorioso conflitto con l’Armenia per la liberazione del Nagorno- Karabakh. Banu, giovane madre alle prese con un difficile divorzio, tenta invano di denunciare il marito Jared per averle sottratto il piccolo Ruslan. L’uomo, che ha alle spalle una ricca e potente famiglia, vorrebbe sottrarle la custodia del figlio.

La vicenda segue la donna mentre cerca chi possa testimoniare per lei in un labirinto di strade, palazzi, edifici pubblici, invasi dal trionfalismo bellico e nazionalista.

Le lunghe inquadrature, fin dal principio, stringono su di lei, anticipandola o inseguendola con l’instabilità della macchina a spalla, indice di disorientamento e disagio interiore. I controcampi sono insaturi e gli altri
personaggi, inizialmente, vengono fatti entrare nell’inquadratura a fatica. Tutti i percorsi sembrano ostruiti dall’ombra della potente famiglia di lui e così lo spazio urbano si fa claustrofobico; anche nei luoghi più amati, qualcosa ingombra lo sguardo.

La regista Tahmina Rafaella, attrice e scrittrice al suo primo lungometraggio, disegna un contesto sociale tanto ossessionato dal sacrificio dei martiri di guerra quanto distratto, se non complice, nel determinare il sacrificio dei veri deboli.

La pressione di conformità attanaglia gran parte dei personaggi, ostaggi di piccoli ricatti o ingranaggi di un sistema che rivendica la libertà di un popolo ma opprime i più deboli.

Le stesse figure femminili, su cui sembra più forte il giogo del conformismo sociale, finiscono per divenire a loro volta complici e depositarie del perpetuarsi dell’ingiustizia.

In un racconto estremamente realistico, con rarissimo commento sonoro, se non intradiegetico, l’autrice sembra lasciare aperto uno spiraglio di speranza, anch’esso generato dal genere femminile e dall’istinto materno, e suggerisce un doloroso e solitario cammino individuale, unica testimonianza plausibile, cui sembra alludere l’allontanarsi nel finale di un personaggio chiave in direzione opposta alla folla inneggiante la vittoria.