A HOUSE OF DYNAMITE – Kathryn Bigelow

Con: Idris Elba, Rebecca Ferguson, Gabriel Basso, Jared Harris, Tracy Letts, Anthony Ramos, Moses Ingram, Jonah Hauer-King, Greta Lee, Jason Clarke

(USA; 112’)

(in Concorso)

Quando un missile di provenienza ignota viene lanciato contro gli Stati Uniti, inizia una corsa contro il tempo per stabilire chi ne sia responsabile e come reagire.

Racconto polifonico scandito da almeno tre parti, l’undicesimo lungometraggio della grande regista statunitense è pura adrenalina ma non è privo di grandi questioni attuali. Un’autentica immersione nella densità di emozioni e contraddizioni che attraversano il vissuto umano alle prese con decisioni che determinano la sopravvivenza propria e di altri milioni di esseri viventi ma anche una riflessione dedicata al fitto sistema di correlazioni, comunicazione e tecnicismi che veicolano invisibilmente le sorti del pianeta.

Non una novità il fatto che un film di Bigelow sia costruito su un ingranaggio cinematografico così esplosivo, calibratissimo e tesissimo, tuttavia qui, più che in altri titoli precedenti, emerge l’ambiguità della dimensione umana al cospetto del dubbio e dell’incertezza.

A più riprese sembra che il film si chieda chi e come e perché il mondo sia arrivato a questo punto, condotto anche da figure di potere totalmente inadeguate o impreparate a rivestire incarichi di responsabilità, senza dubbio esposte al limite e incapaci di confrontarvisi.

La regista ha fatto riferimento inevitabilmente al proprio vissuto personale condizionato dalla tensione della guerra fredda in cui «nascondersi sotto il banco di scuola era considerato il protocollo di riferimento per sopravvivere a una bomba atomica. Ora sembra assurdo – e lo era – ma all’epoca la minaccia era così immediata che tali misure venivano prese sul serio. Oggi il pericolo non ha fatto che aumentare. Diverse nazioni possiedono armi nucleari sufficienti a porre fine alla civiltà in pochi minuti. Eppure c’è una sorta di intorpidimento collettivo – una silenziosa normalizzazione dell’impensabile. Come possiamo chiamare tutto questo “difesa” quando l’inevitabile risultato è la distruzione totale? Volevo fare un film che affrontasse questo paradosso, che esplorasse la follia di un mondo che vive all’ombra costante dell’annientamento, eppure ne parla raramente».

 

Matteo Mazza