KÕNE TAEVAST (CALL OF GOD) di Kim Ki-duk

Con Zhanel Sergazina, Abylai Maratov

Estonia, Lituania, Kirghizistan (81’)

(Fuori Concorso)

 

L’ultimo film di Kim Ki-duc è la storia di una ragazza che una notte si trova a sognare tutti gli eventi che si susseguiranno in una imminente storia d’amore. Mentre il sogno diviene più cupo, però, il sonno viene ripetutamente interrotto da telefonate che offrono alla protagonista la possibilità di scegliere se proseguire a sognare o fermarsi….

Il film, girato prevalentemente in bianco e nero, è stato portato a termine da amici e colleghi, dopo la morte per Covid ed in esilio del regista; tematicamente “Call of God” non sfugge alle inquietudini sulle relazioni umane del maestro coreano (L’isola – 2000; La Samaritana – 2004; Ferro 3 – 2005; Pietà – 2012).

E così la proiezione dei desideri della protagonista diviene gradualmente una prigione di egoismi e crudeltà: gli innamorati finiscono per divenire reciprocamente il carceriere l’uno per altro, di cui vogliono possedere ogni desiderio e sentimento.

L’idea della “chiamata dal cielo” che costringe a scegliere se proseguire il sogno è una provocazione originale, che apre ad una riflessione sulla genesi e sulle conseguenze delle relazioni e sulla libertà delle scelte, anche se l’opera nel complesso appare poco legata e stilisticamente risente molto del lavoro post-mortem di chi ha dovuto dare concreto sviluppo alle idee del regista scomparso.