Mostra del Cinema di Venezia – Secondo giorno: Giovedì 2 settembre 2021

Venezia 78
THE POWER OF THE DOG
di Jane Campion
Con Benedict Cumberbatch, Kirsten Dust, Jesse Plemons, Kodi-SmithMC-Phee (136′)

Un rustico, quanto carismatico allevatore nel Montana del ’25 comanda il ranch con forte autorità. Lo strano equilibrio si rompe quando il fratello si sposa e porta a casa la moglie e il fragile figlio grande di lei. Dal romanzo omonimo di Thomas Savage, la pluripremiata regista neozelandese (LEZIONI DI PIANO; UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA), porta sul grande schermo una storia di solitudini, rapporti irrisolti e mascolinità ambigua. Dal punto di vista del linguaggio, la regista opta per una messa in scena estremamente soffocante e polverosa, perfettamente resa da una fotografia desaturata che quasi “raffredda” i colori tipici del western, cui si aggiunge un ritmo prevalentemente di quadro. Aleggia una profonda incomunicabilità fra i vari personaggi, tutti accomunati da un passato doloroso o da segreti inconfessati che emergono a brani. Dal punto di vista attoriale, emergono Cumberbatch e Kirsten Dust, quasi irriconoscibile in una maschera dolorosa che la sfigura. Qualche perplessità emerge nei commenti fuori sala in merito all’evoluzione dei due personaggi maschili e per quanto concerne il registro finale che muta inaspettatamente verso il thrilling. Eccessivamente dilatati i tempi del racconto. Nel complesso, non convince del tutto.

Biennale College
AL ORIENTE
di Jose Maria Aviles
Con Aleabdro Espinosa, Paulet Arevalo, Santiago Villacis Pastor, Oliver Utne (160′)

Giovane operaio equadoregno impegato nella costruzione di una strada che porta verso Oriente, dopo la partenza della sua ragazza, parte in una sorta di viaggio indietro nel tempo alla caccia di un leggendario tesoro nascosto. Ondivagando fra il presente e il passato, il giovane regista (sbarcato in Mostra grazie all’opportunità dell’iniziativa Biennale College Cinema), costruisce una narrazione che spiazza lo spettatore imponendosi, da un certo punto in poi, come un viaggio interiore o interiorizzato rispetto all’incipit totalmente attuale e realistico. Sullo sfondo la fragilità del Paese sudamericano stretto fra tradizione e globalizzazione, tra la solidità delle radici che affondano nella terra e la necessità di sconvolgere ambiente e paesaggio sull’altare della modernità. Molto dilatati ritmo e tempi del racconto che indugiano sulle cadenze del viaggio a piedi verso la meta vagheggiata.

Venezia 78
E’ STATA LA MANO DI DIO
di Paolo Sorrentino
Con Toni Servillo, Pilippo Scotti, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert, Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Betti Pedrazzi, Enzo Decaro, Sofya Gershevich, Lino Musella, Biagio Manna (130′)

Nella tumultuosa Napoli degli annni ’80 un giovane e schivo diciassettenne rimane orfano di entrambi gli amati genitori. Il vulcanico e lanciatissimo Paolo Sorrentino (LE CONSEGUENZE DELL’AMORE; L’AMICO DI FAMIGLIA; IL DIVO; THIS MUST BE THE PLACE; LA GRANDE BELLEZZA; YOUTH), mette in scena una delicata storia di formazione e di elaborazione del lutto nella cornice esuberante della “sua” Napoli. Cast di grande spolvero e notevole galleria di personaggi “monstre” che costituisce una prima parte godibilissima e frizzante a far da contraltare alla seconda parte del racconto, ben più posata e lirica. Molto più sobria del solito la messa in scena così come si nota un insolitamente discreto utilizzo dei movimenti di macchina. Notevole la prova della brava Teresa Saponangelo, di “spalla” al collaudato Toni Servillo e, come sempre, molto curata la scelta di volti e caratteri.

Settimana della critica
KARMALINK
di Jake Wachtel
Con: Srey Leak Chhith, Leng Heng Prak, Sahaiak Boonthanakit, Cindy Sirinya Bishop, Rous Mony, Sveg Socheate (102′)

E’ la storia di una ragazzino cambogiano che continua ad avere sogni ricorrenti e, con i suoi amici, pensa che siano segnali dalle sue vite precedenti. Dettaglio ricorrente è una statuina di Buddha dorata, che lui vede in ogni vita da lui apparentemente vissuta. Per ritrovarla, ingaggia una scaltra ragazzina del quartiere accanto. Ben presto però scopriranno che la ricerca del tesoro porterà a cose più grandi di loro e si ritroveranno in una Phnon Penh futuristica e ultra tecnologica. La fotografia è piena di colori sgargianti e, insieme all’effetto sonoro particolare, sottolinea una tensione costante (non necessaria), con stridulii quasi sgradevoli per lo spettatore. Il risultato finale non convince, troppa carne messa al fuoco e poche risposte negli ultimi minuti. Poteva essere un buon film, ma non ha soddisfatto le aspettative.

Orizzonti
ATLANTIDE
di Yuri Ancarani
Con: Daniele Barison, Maila Dabalà, Bianka Berenyi (100′)

Un gruppo di adolescenti della Laguna passa le giornate tra svaghi, musica a tutto volume e gare di velocità nei canali su barchini appositamente customizzati. Il ventiquattrenne Daniele vive solo per raggiungere l’obiettivo della massima velocità ed è disponibile ad ogni sotterfugio. Il quarantanovenne regista ravennate già autore di cortometraggi, costruisce un film quasi antropologico che mette in scena un fenomeno giovanile locale. Il tutto a partire da un’osservazione sul campo durata quattro anni durante i quali è stata osservata la vita reale di gruppi giovanili. L’estemporaneità e la freschezza di partenza (il regista ha dichiarato di non aver seguito una vera e propria sceneggiatura), mostra, però, alcuni svantaggi soprattutto in termini di coerenza nel ritmo del racconto. Il commento sonoro è decisamente sopra le righe e a tratti soverchiante, mentre i dialoghi sono essenziali al massimo. Colpisce l’inaspettata ed improvvisa visionarietà che caratterizza la lunga, penultima, sequenza: insolito piano-sequenza dei canali veneziani da un inaspettato punto di vista che sdoppia l’immagine e costruisce un’inquadratura metafisica. Forse, il peccato maggiore è nella mancanza di sintesi.