NEZOUH di Soudade Kaadan

Con Hala Zein, Kinda Aloush, Nizar Alani, Samer Almasri

UK, Siria, Francia  (100’)

(Orizzonti)

 

Zeina e i suoi genitori sono tra le pochissime famiglie rimaste a Damasco durante i bombardamenti che distruggono la città. Mutaz, padre di famiglia molto affettuoso, ma testardo, è deciso a rimanere per vivere una pseudo-normalità arrangiandosi con quello che si trova e aggiustandosi come possibile pur di non farsi definire ‘sfollato’ (termine per lui altamente dispregiativo e deumanizzante). Hala invece è preoccupata: è convinta che per mettere in salvo la famiglia e assicurare a Zeina un futuro dignitoso fuggire sia l’unica decisione da prendere.

Attraverso un racconto quasi fiabesco i singoli membri della famiglia dovranno fare i conti con le scelte prese.

Gli occhi attraverso cui lo spettatore segue la storia sono quelli della bambina che trasformano distruzione, macerie e morte in vie di fuga fantasiose per accedere al suo personale mondo fatto di voli tra le stelle e cieli che diventano distese d’acqua.

La regista Soudade Kaadan, vincitrice del Leone del Futuro per Il giorno che ho perso la mia ombra (2018), crea, con pochi elementi significativi, un film di qualità, che non cerca mai la lacrima dello spettatore e ridà dignità allo status di sfollato per guerra.

La fotografia restituisce un’immagine nitida e verosimile della Damasco di oggi e, grazie all’utilizzo di colori prevalenti sulle tonalità dell’azzurro, del bianco e dell’ocra, non si ha un’impressione drammatica o tragica della situazione, altresì si viene proiettati nella favola fanciullesca di Zeina.

Numerose le somiglianze tra la mamma e la bambina; le due vivono infatti le stesse sequenze di fantasia e perseguono il medesimo desiderio di arrivare al mare. Entrambe condividono inoltre una serie di simboli rimandanti tutti alla femminilità, importante elemento di identità: in Zeina, più giovane e acerba, con una femminilità che sta sbocciando, gli elementi chiave sono i fiori, prima disegnati poi reali, l’azione di passarsi i lamponi sulle labbra a mo’ di rossetto quasi per gioco ed infine il vestito nuovo regalatole dalla madre alla fine del viaggio, segno che il percorso di crescita si è compiuto.

Nel caso, invece, della più matura Hala, gli elementi della femminilità già affermata, quali i tacchi rossi, i vestiti e la pelliccia che vengono lasciati man mano per strada, vanno a costruire un sentiero che permetterà a Mutaz, il marito, di ritrovarle più tardi.

Interessante scelta del titolo; NEZOUH è infatti una parola araba che significa “spostamento di anime, acqua e persone”, un richiamo alle azioni compiute durante il film dove la famiglia, anche se in disaccordo e disgregata, trova alla fine il modo di ricongiungersi per trovare insieme il mare.