ADAGIO di Stefano Sollima

Con: Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini, Gianmarco Franchini, Francesco Di Leva, Lorenzo Adorni, Silvia Salvatori

(Italia)

(127’)

(Venezia ’80)

In una Roma circondata dalle fiamme e tormentata da frequenti blackout, si muove Manuel, figlio adottivo di Daytona (Tony Servillo), nome in codice di un ex boss della banda della Magliana. A causa di un ricatto il ragazzo è costretto a dover fuggire e chiedere aiuto ai vecchi amici e collaboratori del padre “Pòl Niuman” (Valerio Mastandrea) e “Cammello” (Pierfrancesco Favino). È il topos dell’eroe (o criminale) sul viale del tramonto, che decide di rimettersi in gioco per salvare una giovane vittima, le cui speranze vengono sempre messe in discussione da spietati criminali e forze corrotte. Il film si apre con un’inquadratura che tornerà spesso durante tutto l’arco narrativo: la panoramica aerea notturna in campo lunghissimo sulla capitale mentre all’orizzonte divampano le fiamme di un incendio mostruoso. E mentre gli esterni son sempre malandati, freddi e scuri, gli interni, con le loro frequenti finestre con inferriate, ricordano più delle gabbie, all’interno delle quali le persone sono prigioniere. Roma stessa appare come una immensa prigione soffocante dalla quale o si riesce a scappare o si rischia la vita; non già per l’intervento casuale della malavita, ma per una diffusa e capillare violenza che non risparmia lo stato e i suoi apparati.
Ma il fuoco che divora e che sembra alludere non solo ai tanti incendi dolosi scoppiati un po’ ovunque in Italia in questi anni, ma soprattutto all’inesorabile avanzata del climate change, è anche il “fuoco interiore” che divampa nell’animo dei protagonisti e li consuma nei rancori.
É il racconto di un declino, quello di una città e quello della generazione che l’ha caratterizzata.
Il film va a chiudere la trilogia di Sollima sulla criminalità romana, della quale fanno parte ACAB – All cops are bastards (2012) e Suburra (2015), tutti con la presenza di Pier Francesco Favino. Con quest’ultimo film Sollima dà nuovamente conferma delle sue notevoli dote registiche, soprattutto nel cinema di stampo neo-noir e thriller. Le immagini sono nitide e gli spazi ben costruiti e misurati; la fotografia degli esterni è quasi allucinata nelle dominanti calde, mentre negli interni risalta l’uso di neon e luci fredde che si riflettono sui corpi sudati e ne disegnano i profili e le masse.
Notevole l’interpretazione del trio Mastandrea/Servillo/Favino. Da vedere.

 

Alberto Piastrellini

Raffaele Piccirillo

Irene Sandroni

Raffaella Zoppi

Irene Ancora